In questo post citerò tre libri che non parlano di copywriting, pubblicità o marketing e quindi difficilmente troverete negli altri diecimila elenchi di tomi per copywriter, ma a mio parere sono davvero formativi per la professione e, per ognuno, vi dirò il perché.
Hey, ho, let’s go:
“Un paradiso illuminato dai bagliori dell’inferno, comunque un paradiso“. Così il maturo Humbert Humbert descrive la sua relazione sentimentale e sessuale con la dodicenne Dolores. Il copywriting che c’entra? E’ tutto nella forma: le raffinate frasi di Nabokov, la sua padronanza di lessico e sintassi, la sua maestria nell’uso delle figure retoriche riescono a donare un fascino unico (e appunto infernale) a un soggetto di per sé repellente come una storia di pedofilia, senza per questo intaccare la nettezza assoluta della sua condanna morale. Allo stesso modo, se fai il copywriter, spesso ti trovi a dover promuovere servizi e prodotti di scarsa qualità: questo romanzo ti mostra come, attraverso la cura maniacale del linguaggio, puoi renderli attraenti anche senza mentire sui loro difetti.
American Psycho di Bret Easton Ellis
Il protagonista del libro, uno yuppie di Wall Street nella metà degli anni ’80, vive nella totale ossessione per la cultura pop della sua epoca, compresi i brand più in voga, citati a getto continuo nella narrazione ipnotica di Ellis. Anche se lo scopo dell’autore è satirico, la lezione per il copywriter è su come riuscire a creare un legame profondo, identitario, quasi esistenziale, tra i prodotti e la vita quotidiana dei consumatori, che così facendo diventano i loro migliori testimonial (notevole come questo libro del 1991, per molti versi, anticipi con precisione le dinamiche da influencer sui social network). E, come bonus, alcuni dei migliori dialoghi mai scritti, le cui tecniche per un copywriter che si occupa anche di spot tv, video e radio non si finiscono mai di perfezionare.
Posto che – questo vale per tutti, non solo per i copy – è assurdo imparare a leggere e non applicare poi tale capacità al capolavoro di Melville, qui il parallelismo che voglio suggerire è con l’atteggiamento del capitano Achab, inarrestabile nella sua caccia alla Grande Balena Bianca. Tolto il rischio di perdere arti, occhi o altre parti del corpo, anche un copywriter deve diventare insensibile ai perigli della professione come un baleniere dell’800: ogni giorno o quasi si ricevono critiche, rifiuti, delusioni, scorrettezze, insulti, talvolta addirittura minacce – si tratta pur sempre di un lavoro commerciale, con in ballo budget spesso elevati, dove coi soldi di mezzo è facile cedere al nervosismo. E al capo o al cliente si risponde comunque dialogando, correggendo, riscrivendo, aggiustando le falle, ma sempre tenendo le vele ben tese e la rotta salda verso i propri obiettivi.