Musica per copywriter caldi (The Copylight Zone #8)

Un paio di considerazioni sul rapporto tra musica e pubblicità, nell’ottica di un copywriter freelance.

Prima di tutto, brofist ai giusti che hanno colto subito la citazione nel titolo (se non sei tra loro, clicca qui). Quindi passiamo subito al tema del post, su cui si potrebbero scrivere migliaia di pagine ma, come anticipato, avendo vari file Word di lavoro aperti che mi aspettano trepidanti, io mi limiterò solo a qualche osservazione sparsa.

Di solito, in agenzia o come freelance, il copywriter è anche la figura che si occupa della scelta dei brani musicali, per spot tv, radio, eventi e altri materiali che ne richiedono uno o più. Una cultura molto vasta in questo campo è dunque essenziale, malgrado nel processo creativo tale scelta sia spesso molto penalizzata.

Caso tipico n°1: il cliente non ha budget e bisogna pescare un brano royalty-free o a poco prezzo nelle banche dati, dove per la maggior parte sono composizioni standard organizzate in categorie standard, di modo che i commercial che hanno queste colonne sonore “bright/relaxing/energetic/romantic/ecc… mood” finiscono per suonare, appunto, tutti uguali.

Caso tipico n°2: il cliente ha molto budget e al suo spot si finisce per appiccicare la – costosissima – hit pop/disco del momento, non perché c’entri qualcosa con la creatività dello spot, ma appunto soltanto perché è il brano più popolare in classifica. Ci aggiungi un testimonial nazionalpopolare, una scenetta da commedia dozzinale e hai il 90% della comunicazione pubblicitaria per la telefonia, ad esempio.

Tutto ciò è un vero peccato, perché la colonna sonora – potenzialmente – può invece diventare la vera anima dello spot. Voglio fare due esempi, due spot che da piccolo mi hanno davvero ispirato a diventare copywriter. Nel primo c’è un uso diegetico della musica, nel secondo extradiegetico. Detta semplice: la musica diegetica è dentro lo spot (o il film), la ascoltano i personaggi, mentre quella extradiegetica, più comune, è la classica colonna sonora di accompagnamento, che i personaggi non sentono e non fa quindi parte del loro mondo narrativo.

1) Renault Clio MTV “Get Uppa” (2000)

In questo caso, più unico che raro, canzone, naming del prodotto e idea creativa si fondono in maniera inscindibile; non è difficile capire perché, ai tempi, Get Uppa fosse diventato un tormentone popolarissimo. In teoria, il concept potrebbe reggere anche con un altro brano – ovviamente perdendo però tutta la forza del link col nome dell’auto – ma la musica, e il suo ruolo nella vita dei personaggi, sarebbe comunque rimasta al centro della scena, come vera e insostituibile protagonista.

B) Levi’s 501 “Creek” (1994)

Questo è un esempio più classico di commento musicale, ma la perfezione con la quale il brano si adatta alle immagini, al loro montaggio e allo spirito del brand crea un binomio indissolubile con il commercial, tanto che sembra un vero e proprio videoclip (lo spot era ed è infatti di gran lunga più noto di quello vero).

A questo punto si potrebbero fare moltissimi altri esempi, anche di usi diversi e più creativi della musica in pubblicità, ma date le consegne impellenti stamattina mi fermo al “paio di considerazioni” anticipate nel titolo. Ribadisco solo il rammarico, da copywriter freelance, di quanto l’occasione di poter scegliere e soprattutto veder uscire spot in cui la musica abbia un ruolo così straordinario sia molto raro. E ancor di più nei radio, dove spesso bisogna semplicemente adattarsi al brano corporate che il brand si porta dietro da anni. Per un copywriter che ama la musica, insomma, è un mondo difficile.

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