Un copywriter freelance può essere un nomade digitale? (The Copylight Zone #10)

Risposta breve: certo. Risposta lunga: dipende da che tipo di copywriter freelance sei.

Come si può intuire dal termine, un nomade digitale è qualcuno che, avendo bisogno solo di un laptop e di una connessione per fare il proprio lavoro, è libero di svolgerlo ovunque ci siano elettricità e internet.

In particolare, almeno dal punto di vista economico, il vantaggio più evidente sarebbe avere clienti che pagano compensi da paesi ad alto reddito, soggiornando però in una nazione dove il costo della vita è ridotto. Esempio: se come (copywriter) freelance lavorassi da remoto per un’agenzia di New York ma abitassi, che so, a Jakarta, a parità di stile di vita metterei da parte molti più soldi che se dovessi pagare affitto, servizi, cibo, mezzi di trasporto, svaghi ecc… nella Grande Mela.

Di persona non conosco nessuno che faccia una vita del genere, ma non dubito che i nomadi digitali, copywriter freelance e non, siano ormai centinaia di migliaia di persone, sommando ogni settore. Basandomi sulla mia esperienza, al di là del grande vantaggio appena menzionato, posso immaginare alcune criticità.

La prima riguarda la garanzia di un flusso costante di lavoro. Come ho già scritto, per un copywriter freelance avere soltanto uno o due clienti è una pessima idea, dato che se li perdi poi rimani subito a terra. Quindi, di partenza, sarebbe necessario avere un numero di committenti abbastanza ampio, solido e che accettino tutti la condizione del lavoro da remoto.

E qui il secondo punto dolente: anche se in teoria un copywriter freelance può svolgere benissimo per intero il suo lavoro da remoto, usando Skype per brainstorming, meeting e riunioni, in pratica moltissimi clienti, almeno all’inizio e negli step più importanti dei progetti, richiedono quasi sempre incontri fisici in sede.

Questa mentalità “pre-digitale” da noi purtroppo è ancora molto radicata, dunque nel caso sarebbe difficile tenersi nel tempo dei clienti italiani – con quelli esteri, sempre per la mia limitata esperienza, va molto meglio sotto questo aspetto. D’altro canto, specialmente in caso di problemi burocratici e/o legati ai pagamenti, avere dei clienti raggiungibili con facilità rappresenta un vantaggio anche per il copywriter.

In generale, diventare un nomade digitale è una scelta simile a quella di passare da dipendente a freelance: bisogna fare un’attenta valutazione di rischi e opportunità e, soprattutto, avere la mentalità giusta per “buttarsi” una volta messo a punto un buon piano.

Per quanto mi riguarda, io non avrei problemi a vivere in qualsiasi luogo del mondo dove ci sia un buon posto dove fare running sotto casa – per questo, dove risiedo ormai da più di 15 anni, in dieci minuti di corsetta di riscaldamento sono al Parco Nord – ma come ho già scritto non amo molto viaggiare, quindi se dovessi trasferirmi sarebbe comunque nell’ottica di stanziarmi per un bel po’ nella nuova casa. Per ora, analizzando pro e contro, niente nomadismo per me, ma non escludo che in futuro possa entrare nel mio orizzonte.

 

 

 

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