Se NON hai bisogno di un copywriter freelance, contattami. (The Copylight Zone #55)

Un’email di new business a freddo verso agenzie di comunicazione che ha avuto discreti risultati:

Buongiorno [responsabile agenzia], 

mi chiamo Stefano Lombardini e sono un copywriter freelance classe 1981 con più di 15 anni di esperienza in realtà italiane e internazionali. Link a CV, portfolio su Behance e profilo Linkedin in firma.

Quando inviavo una presentazione senza il NON nell’oggetto della mail, la risposta più frequente era: “grazie, ma per ora non abbiamo necessità. Ti ricontatteremo se in futuro…”

Poniamo che sia anche il vostro caso. Il reparto copy dell’agenzia è al completo, ognuno sa fare bene il proprio lavoro e le richieste dei clienti vengono soddisfatte. Ottimo.

Questo vi porta a pensare: “non abbiamo nessun bisogno della consulenza di un copywriter freelance, sarebbero soldi buttati”. Capisco il ragionamento, se avessi un’agenzia e dovessi far quadrare i conti forse lo penserei anch’io. Ma siete davvero sicuri che sia così?

Magari, ad esempio, avete dei clienti per i quali seguite la comunicazione da anni. Che vi chiedono di continuo nuove proposte per gli stessi prodotti, con gli stessi brief più o meno fotocopiati. Anche per i creativi più capaci, in questa routine, è difficile mantenere la stessa freschezza dei primi tempi. E il cliente può notarlo. La sua soddisfazione diminuire. Il suo desiderio di cercare nuovi stimoli (altrove) crescere.

Oppure vi piacerebbe partecipare a più gare e soprattutto vincerle. Fare più progetti di new business in generale. Ma la priorità, com’è giusto, sono i clienti già acquisiti. Così, quando finita la gara il cliente si complimenta per il vostro buon lavoro ma assegna il budget a un’altra agenzia, poi resta nell’aria la sensazione che forse si doveva fare di più. Anche se non si poteva, con i vostri creativi troppo occupati su altro.

Come nel primo caso, queste non sono situazioni che mi invento, ma che ho visto e vissuto. Potrei citarne molte altre. Un terzo esempio: capita una campagna molto importante e molto urgente, ma al momento può lavorarci solo un art senior in coppia con un copy troppo junior per quel tipo di progetto. Servirebbe davvero il supporto di qualcuno con più esperienza. Ma, purtroppo, tutti i copy senior sono troppo occupati su altro. E lo sviluppo della campagna si rivelerà problematico. 

Non mi dilungo oltre. Pensateci su e poi contattemi per fissare una call di conoscenza, se pensate di NON aver bisogno di me. Oppure scrivetemi direttamente i dettagli di un progetto, io vi risponderò con un rapido preventivo senza impegno e, se lo accettate, possiamo iniziare anche subito. Velocità, creatività, qualità, serietà, affidabilità, offro il pacchetto completo.  

Buon lavoro e buona giornata,

Stefano

Stefano Lombardini 

copywriter & content writer – consulente di comunicazione
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+39 3336644421 

via Marsala 69  20099 Sesto San Giovanni (MI)  |   P.IVA 09187720967

Pubblicità

Odio la pubblicità nel cinema, ma amo il cinema nella pubblicità. (The Copylight Zone #54)

In generale, io credo che la pubblicità in formato video “bella” sia quella che richiama il cinema, e la pubblicità “brutta” sia quella che richiama – in modo autoreferenziale – altra pubblicità (brutta).

Gli spot più celebri della storia sono tutti dei piccoli cortometraggi, con idee di regia, cura delle interpretazioni, fotografia, scenografia, musica e soprattutto di storia e personaggi. È solo in questo modo che un video pubblicitario può intrattenere, colpire, risultare memorabile, suscitare emozioni e reazioni nello spettatore.

Ad esempio, uno spot recente molto bello è quello per Regione Liguria, diretto da Fausto Brizzi, in cui Cristoforo Colombo decide di restare lì, anziché partire per l’America. È bello perché fa venire in mente i film di Monicelli e Benigni, è una piccola scena surreale all’altezza di quella commedia all’italiana lì, con dialoghi realmente spassosi.

Altro esempio: rispetto a questa ciofeca di spot per i 160 anni di Martini con Chiara Ferragni, che è un video aziendalista senza nulla di cinematografico, senz’anima e senza nulla di memorabile, basta rivedere questo storico spot di Martini qui sotto.

Un piccolo grande film, che cita in modo esplicito À bout de souffle di Godard (il gesto delle labbra ma non solo), ha una storia, dei personaggi, delle dinamiche, belle interpretazioni, tensione, idee di regia e montaggio, è ironico, sexy, misterioso, affascinante, in pochi secondi crea un’atmosfera e un intero mondo per il brand e resta scolpito nella memoria di chiunque fin dalla prima visione. Fa venire voglia a chiunque di bere un Martini.

Come cavolo è possibile passare da uno spot così a “Cheers, guys?”

La vita agra dei copywriter ai tempi di ChatGPT. (The Copylight Zone #53)

Ieri sera ho rivisto La vita agra (1964) di Carlo Lizzani. Il protagonista, dopo essere stato licenziato come responsabile culturale, curatore di una rivista e traduttore, si mette infine (con successo) a fare il copywriter pubblicitario.

E’ un film di 60 anni fa, ma descrive perfettamente la quotidianità di questo mestiere anche oggi. Tognazzi trova le sue idee pensando alle barzellette e guardando la sua ragazza, da freelance viene tassato in modo abnorme, dice testuale “lavoro in pubblicità, non so quanto posso guadagnare quest’anno, oggi mi danno da fare un lavoro e domani non so”, fa pure le call in webcam – sì, in questo film del 1964 ci sono le call in webcam.

Quindi ho pensato che, se con l’avvento di internet questo lavoro in realtà è cambiato pochissimo, forse pure l’impatto delle AI non sarà così devastante. Scriverai i prompt anziché le head, ma sarà solo un modo diverso di chiamare le stesse cose: le idee e le parole. E il modo di trovarle, le tasse da pagare, l’incertezza dei progetti, le call, resteranno sempre quelle.

Il copywriting è l’arte della mediazione. (The Copylight Zone #52)

Il lavoro del copywriter, all’atto pratico, è scrivere qualcosa per qualcuno. Questo qualcuno – il tuo superiore in agenzia o il tuo cliente se sei freelance – ha delle idee su ciò che dovresti scrivere diverse da quelle di chiunque altro, non solo dalle tue.

Prova a dirgli “le regole del copywriting che ho imparato al mio corso o sul manuale dicono che questo dovrei scriverlo così”. Ti risponderà che sono fregnacce e di fare come dice lui.

Quindi l’abilità del copywriter consiste nel riuscire a mediare fra ciò che tu pensi sia appropriato scrivere, e ciò che pensa chi deve approvare il tuo lavoro. Nessuna scuola o manuale può insegnarti questo.

Solo dopo qualche anno passato a sgobbare su progetti reali per clienti reali, inizi a maturare una certa sensibilità su come costruire e ricostruire questo equilibrio, ogni giorno in modo diverso. Dopo decine, centinaia di proposte finite nel cestino dei rifiuti.

L’unica cosa davvero utile per prepararsi a questo mestiere è leggere. Letteratura, non manuali. Romanzi, racconti, poesie. Perché ogni scrittore ha una visione del mondo diversa e, come copywriter, ti troverai di fronte a persone che sulla scrittura avranno idee sempre diverse. Che ti imporranno paletti assurdi e ti chiederanno di scrivere “bene” delle idiozie. Ti rifiuti? Dì addio allo stipendio.

Se invece impari – leggendo – a scrivere qualsiasi cosa in qualsiasi modo, hai una possibilità di sopravvivere.

Come guadagnare col copywriting partendo da zero. (The Copylight Zone #51)

Oggi tutti cercano un modo per guadagnare col copywriting partendo da zero, senza laurea, formazione, esperienze, contatti, capitali. Ma è davvero possibile? Forse sì, con impegno e capacità. Ti suggerisco una strada alternativa rispetto a quella che ti consigliano i guru di internet: lascia perdere internet. Staccati dal monitor ed esci di casa.

Fai due passi nel tuo quartiere. Entra in un negozio, ristorante o altra attività commerciale. Presentati al responsabile come copywriter alle prime armi e proponi qualcosa, gratis, giusto per fare esperienza. Potresti scrivere un cartello da esporre in vetrina o all’interno, un volantino da lasciare ai nuovi clienti, una mail da mandare a quelli che già hanno, un breve testo per i social o il sito. Chiedi al responsabile cosa gli interessa di più. Qualcosa ci sarà.

Tu gli manderai il testo per mail e poi sarà lui a decidere se utilizzarlo o meno. Precisa anche che, se non dovesse piacergli, sarai disposto a modificarlo. Sempre gratis. A te interessa metterti alla prova e desideri solo che lui ti dia questa preziosa opportunità. Perché dovrebbe rifiutarsi? Non ha nulla da perdere. Ti darà la sua mail e ti augurerà buona giornata.

Tu scriverai il testo richiesto, lo manderai e attenderai il feedback. Lo modificherai finché non verrà approvato. A quel punto avrai un lavoro da mettere in portfolio e una referenza positiva, che già valgono molto. In più avrai un cliente al quale ora, dato che ti sei guadagnato la sua fiducia, potrai proporre altri servizi di copywriting a pagamento.

Se ci metti abbastanza impegno e hai delle capacità, ripetendo l’operazione con varie altre attività commerciali, davvero potresti riuscire a guadagnare bene col copywriting dopo pochi mesi e partendo da zero. Perché questa è una cosa pazzesca che oggi a (quasi) nessun aspirante copywriter verrebbe mai in mente, andare a presentarsi di persona ai potenziali clienti. Se invece ti limiti a contattarli online, come fanno tutti, resterai solo uno tra le migliaia di aspiranti copywriter sconosciuti e senza esperienza che ogni giorno vengono ignorati.

Ciò che mi sfugge dei videocorsi di copywriting. (The Copylight Zone #50)

Su Udemy ci sono vari (discutibili) videocorsi di copywriting a 100 euro anche con più di 5000 iscritti. Il sito dice che guadagni il 97% nel migliore dei casi e il 37% nel peggiore. Poniamo pure che li vendi solo nel modo peggiore.

37% di 500.000 euro = 185.000 euro.

Poniamo pure che ci pagherai, che so, il 45% di tasse. Cioè 83.250 euro.

Guadagno netto: 101.750 euro. Per un videocorso tra le 4 e le 10 ore. E poniamo pure che per raggiungere 5000 iscritti l’hai pubblicizzato con una spesa – esorbitante – di 20mila euro in ads o altro. Intascherai comunque 80mila euro puliti.

Forse mi sfugge qualcosa. Tipo che la vera percentuale di guadagno è del 5 o 2%, boh. O forse davvero chi oggi ancora si ostina a fare il copywriter, anziché fare corsi per fare il copywriter, è un povero fesso.

“It’s toasted”. (The Copylight Zone #49)

Malgrado mille difficoltà, sacrifici e rospi da ingoiare, c’è un motivo, un singolo motivo, per cui quello del copywriter è comunque un lavoro meraviglioso. Lo illustra bene una famosa scena del primo episodio di Mad Men: ogni tanto trovi le parole magiche, e tutti restano sbalorditi. Non capita sempre, non capita spesso, ma qualche volta capita. E quanto capita, la magia ti ripaga di tutto.

Copywriter dipendente vs. copywriter freelance. (The Copylight Zone #48)

Un copywriter dipendente è come un pesce in un acquario, un copywriter freelance è come un pesce in mare aperto.

Nell’acquario il cibo ti viene dato con regolarità, in mare aperto devi cercarlo tu. Nell’acquario ogni giorno vedi gli stessi pesci, in mare aperto ne incontri sempre di nuovi. Nell’acquario non ti senti mai solo, in mare aperto quasi sempre. L’acquario è rassicurante ma un po’ noioso, il mare aperto eccitante ma un po’ spaventoso.

La cosa buffa è che, se hanno vissuto abbastanza anni nei rispettivi habitat, poi il pesce dell’acquario ha paura di finire in mare aperto, il pesce del mare aperto di finire in un acquario.

L’unica differenza tra copywriter a risposta diretta e copywriter tradizionale. (The Copylight Zone #47)

Da più di un secolo, l’unica differenza tra copywriter a risposta diretta e copywriter tradizionale è che il copywriter a risposta diretta non sa fare copywriting tradizionale, mentre il copywriter tradizionale sa fare copywriting a risposta diretta, ma lo trova noioso e – se possibile – cerca di evitarlo. Tutto qui.

Chi ha lavorato in un’agenzia pubblicitaria sa di cosa parlo: quando c’è da fare una DEM tutti i creativi corrono a nascondersi in bagno, mentre quando c’è da fare uno spot chiuderesti in bagno tutti gli altri per farlo tu.

Del resto, se sei un dipendente con uno stipendio fisso, alla fine del mese puoi esserti divertito con progetti stimolanti o annoiato con progetti poco creativi, ma sempre lo stesso stipendio riceverai. Quindi meglio cercare di fare solo quelli divertenti. A un copywriter freelance, invece, basta pagare bene un lavoro per trasformarlo da noioso in stimolante, copywriting tradizionale o a risposta diretta che sia.

“Costi troppo”. (The Copylight Zone #46)

Io non me la prendo con gli imprenditori che vogliono risparmiare sulla comunicazione e offrono compensi infimi ai copywriter freelance e agli altri professionisti, perché all’università al corso di economia politica avevo imparato che il libero mercato, relativamente a questo, si aggiusta da solo.

Se un imprenditore vende un prodotto di bassa qualità, vuole risparmiare non solo sui costi fissi (quelli per produrlo) ma anche su quelli variabili (tra cui rientrano le attività di comunicazione), perché può adottare solo una strategia di prezzi bassi. Questo tipo di prodotti possono magari avere un boom di vendite iniziali, appunto per il prezzo più basso rispetto ai prodotti concorrenti, ma si faranno presto una cattiva reputazione tra i consumatori, le vendite caleranno in fretta e sono inevitabilmente destinati al fallimento, perché presto i ricavi non copriranno più i costi di produzione.

Gli unici prodotti e servizi che riescono a restare in modo stabile sul mercato, al contrario, sono quelli di qualità che hanno adeguati costi fissi ma anche variabili, necessari a costruirsi una reputazione duratura tra i consumatori.

Perciò nessun copywriter freelance, o altro professionista della comunicazione, dovrebbe preoccuparsi di chi offre compensi troppo bassi. Sono tutti imprenditori destinati a un rapido fallimento, che non avranno mai l’attenzione dei consumatori, e quindi anche dare loro la tua è solo una perdita di tempo.

Rifiutare e ignorare.