Il declino della coppia creativa. (The Copylight Zone #95)

Nei post dei copywriter su LinkedIn non leggo mai nessuno che parla degli art director. I più giovani, quelli che blaterano solo di copywriting a risposta diretta, magari non sanno neanche che roba sia, l’art direction.

Curiosamente questo richiama gli albori della pubblicità moderna, quando in effetti il copywriter era la figura di creativo preminente in agenzia – nella serie Mad Men si vede bene come, col passare degli anni dai primi ’60 in poi, l’art director conquisti un ruolo sempre più rilevante, paritario.

Fino a quando ha resistito il modello dei creativi che facevano solo annunci stampa/affissione e spot tv, ha resistito anche quello della coppia creativa copy + art: non era pensabile lavorare senza un partner. Gli unici copywriter che lavoravano da soli erano quelli che scrivevano le sales letter e i cataloghi, noiose attività fantozziane detestate da quelli che volevano fare soltanto gli spot coi registi e gli attori.

Oggi invece ho l’impressione che la coppia creativa non se la passi più bene da anni, che sia ancora tenuta in vita nelle agenzie (e neanche in tutte) artificialmente: nei credits delle campagne, e intorno alla loro lavorazione, è sempre pieno di altra gente con qualifiche diverse. Se mischi digital e management, poi ottenerne almeno 15.

Il copywriter e pure l’art director, al contrario degli albori della pubblicità, non sono più preminenti; spesso come copy vieni considerato un redattore meno importante degli altri 15 cosi di cui sopra. Idem l’art director.

È l’effetto dello tsunami creativo digitale, insieme ai giovani copywriter che credono che questo lavoro sia solo la roba fantozziana – quello “a risposta diretta” dello spam postale reincarnato in mille varianti web e social – che per decenni tutti i migliori copywriter del mondo hanno schifato con orrore. E che oggi invece, per qualche incomprensibile motivo, dev’essere considerata appagante e appassionante, come se fare le newsletter e le landing page sia la stessa cosa di immaginare i cartelloni e scrivere gli spot coi divi del cinema. Pagati un decimo, tra l’altro.

Il motivo, in realtà, è comprensibilissimo: sopravvivenza. I copywriter di oggi sono i pesci che si adattano a vivere nei mari e nei fiumi pieni di spazzatura. Per tirare avanti nella corrente bisogna ripetersi che è tutto bello come prima, e i più giovani neanche sanno com’era prima.

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