Penna rossa o penna blu? Meglio la vita da copywriter freelance o da copywriter dipendente?
Avendo alle spalle quattro anni come copywriter interno e sette come freelance, posso elencare con una certa precisione le differenze tra le due modalità di lavoro. Di solito, quando mi viene rivolta questa domanda, uso la metafora del pesce: diventare copywriter freelance è come passare da un acquario o un allevamento, dove la vasca è sempre la stessa e ricevi il mangime con regolarità, al mare aperto, dove l’ambiente è sconosciuto, il cibo va procacciato ogni giorno e dietro ogni angolo può celarsi un predatore.
Ecco quindi cinque differenze tra pesce rosso e pesce blu, copywriter freelance e copywriter d’agenzia (o d’azienda):
1) La caccia: da copywriter dipendente, i progetti ti vengono assegnati tramite il cosiddetto progress, che di norma nelle agenzie viene fatto dalla direzione creativa il lunedì mattina ed è, appunto, la suddivisione dei nuovi lavori tra i vari copywriter e art director. Nei giorni successivi possono arrivarti anche altri progetti da fare, ma in generale così ti fai subito un’idea di quasi tutto ciò che farai durante la settimana. Da freelance al contrario il tuo personale progress te lo fai da solo e può cambiare di giorno in giorno, o anche di ora in ora, in base ai lavori da completare, alle nuove richieste e opportunità, alle rilavorazioni e alle consegne urgenti e non. Perciò, come abbiamo detto, nessuno ti butta il mangime nella vasca, ma ogni istante è una caccia continua.
2) La compagnia: da impiegato non è molto varia, visto che i colleghi sono più o meno sempre gli stessi – più o meno perché le agenzie pubblicitarie hanno un turnover altissimo, quindi in realtà di facce nuove se ne vedono spesso – ed è difficile incontrare i clienti, se non durante sporadici meeting e presentazioni (a quali però di solito vanno il direttore creativo e gli account, mentre i copywriter senior e ancor meno i junior raramente sono invitati). Da freelance invece, tra clienti e colleghi, fai nuove conoscenze quasi ogni giorno. Il che può essere sia positivo che negativo, perché nell’acquario bene o male conosci tutti gli altri pesci e sai come regolarti con ognuno di loro, mentre il mare aperto richiede molta più circospezione.
3) L’habitat: come creativo interno nuoti sempre nello stesso acquario/ufficio. Nelle agenzie va di moda l’open space, questo orrore contemporaneo che ha sostituito i buoni vecchi ufficietti, nel quale non solo te ne stai ogni giorno nello stesso posto, ma è un posto caotico e rumoroso dove spesso è impossibile concentrarsi. Il copywriter freelance invece ha la sua tana/studio riservata, silenziosa e confortevole, da cui può uscire quando desidera per incontrare altri pesci o fare una nuotata solitaria. Almeno per questo aspetto, insomma, da dipendenti si lavora molto peggio e ci si stressa molto di più.
4) I pericoli: nell’acquario sei protetto da qualsiasi rischio e ricevi ogni sorta di incentivo a restarci: malattia ferie e permessi pagati, tredicesima e quattordicesima, buoni pasto, rimborsi, bonus, auto aziendali e altro ancora. Nel mare aperto, al contrario, devi imparare a cavartela da solo senza nessun aiuto. Da un lato questo ogni tanto può essere sconfortante, ma dall’altro ti rende più forte ogni giorno che passa, mentre impari a districarti sempre meglio tra le varie minacce.
5) La libertà: in teoria tutti la amano e la sognano, ma nella pratica come scelta lavorativa non è molto popolare, dato che la maggior parte delle persone, in tutto il mondo, continuano a preferire il lavoro dipendente. Come ho già scritto, da (copywriter) freelance l’essenziale è avere una disciplina molto solida, molto più che in agenzia/azienda, dove spesso sotto l’apparenza della grande struttura super efficiente regna invece la disorganizzazione. Perché avere disciplina significa essere davvero liberi. Non amo molto gli speech motivazionali, perché credo che ognuno debba costruirsi da sé le proprie motivazioni, ma su questo tema voglio chiudere linkando queste breve discorso di Jocko Willink, un ex navy seal, che lo spiega in modo perfetto, con parole che avrebbe scelto un copywriter professionista: